Il finocchio è un mito. Secondo gli antichi Greci suo fu il merito del sorgere della civiltà. Prometeo infatti riuscì a donare il fuoco all’umanità sottraendolo a Zeus proprio grazie al fusto di un finocchio. Il più grande furto della storia. Arrampicatosi sull’Olimpo, Prometeo nascose una scintilla della sacra fiamma nella cavità di un gambo di finocchio selvatico e ne fece dono agli uomini.
In antichità il finocchio era ben diverso da quello che conosciamo noi. Il finocchio selvatico era un condimento ed anche una medicina. Per le sue qualità il finocchio divenne ben presto simbolo di forza e vigore. Anche il luogo eroico della piana di Maratona rimanda al finocchio. In greco antico, Maratona significherebbe letteralmente luogo pieno di finocchi. Anche i gladiatori si rimpinzavano di semi di finocchietto selvatico prima di scendere nell’arena.
Forza, energia, vigore…anche sessuale. Plinio il vecchio nella sua storia naturale esalta le proprietà afrodisiache della pianta. Nei licenziosi riti dionisiaci, dove abbondava il vino, i sacerdoti erano soliti cingersi il capo con una corona di finocchio.
Vino e finocchio lo ritroviamo nel Medioevo. Per Carlo Magno il seme del finocchio bevuto col vino eccita i piaceri di Venere e si dice che ridesti nei vecchi il giovanil vigore.
Ma attenti a non esagerare, il finocchio nel vino è per gli sprovveduti. “Non farti infinocchiare” deriverebbe proprio da una raccomandazione fatta agli acquirenti di vino perché spesso quest’ultimo era trattato con i semi di finocchio per nasconderne i difetti. Secondo le fonti, questo detto sarebbe di origine medioevale. Quindi in quest’epoca la nostra pianta era ancora poco più di un condimento aromatico.
Dobbiamo aspettare il 1500 per vederne la trasformazione nella pianta moderna. E’ in quest’epoca che iniziano ad emergere due varietà di finocchio: quello selvatico e quello coltivato.
Il primo, quello selvatico, chiamato anche finocchietto, nasce e si sviluppa spontaneo in natura e viene ricercato per tutti i prodotti che ci può fornire.
Se ne usano i germogli, le foglie, i fiori e i frutti, quelli che comunemente – ed erroneamente – chiamiamo semi. Ancora oggi è diffuso nelle nostre cucine.
C’è poi il finocchio coltivato. La coltivazione negli orti europei porta a sviluppare sempre di più la parte basale della pianta. Il bulbo-grumolo diventa lentamente la parte più importante della pianta, che oggi consumiamo nelle nostre cucine.
Come avviene questa trasformazione? Qui le fonti non ci aiutano. E’ più facile trovare la citazione di Carlo Magno, che ricostruire una storia di mutazioni casuali, zappa e terra. Ma è questa la storia del duro lavoro contadino che ha portato alle nostre verdure moderne…ed è questo lavoro che noi continuiamo a fare nella nostra campagna…
Buona Domenica
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Contadini in Valsamoggia
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